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Legittimo sospetto

23 luglio 2003

Il Giornale, 23 luglio 2003

            La difesa dell’On. Previti ha ripetutamente chiesto di conoscere il contenuto del fascicolo processuale 9520/ 95 aperto contro ignoti dalla Procura di Milano nel lontano 1995.  Egli ritiene che contenga informazioni utili alla sua difesa.  Che quindi quel fascicolo riguarderebbe persone note e sarebbe stato illegittimamente iscritto tra quelli contro ignoti al fine di consentire ai PM di protrarre in piena indipendenza e senza trasparenza alcuna le loro indagini di polizia ben oltre i limiti consentiti dalla legge.  I pubblici ministeri Boccassini e Colombo hanno ripetutamente rifiutato di rivelare il contenuto di quel fascicolo sostenendo che le indagini, dopo ben otto anni, sono ancora in corso.  Il Ministro della giustizia Castelli ha disposto che sia effettuata una ispezione da parte dei magistrati del Ministero per accertare, tra l’altro, quale sia il contenuto di quel fascicolo, per accertare se in esso si ipotizzino reati riguardanti persone note e per sapere perché le indagini non si siano ancora concluse.   I pubblici ministeri di Milano hanno negato l’accesso al contenuto del fascicolo anche ai loro colleghi del Ministero invocando il segreto istruttorio.  Hanno inoltre chiesto al CSM di tutelare la loro indipendenza contro l’invadenza dei magistrati-ispettori. Una commissione del CSM ha predisposto, a maggioranza, un documento in difesa dei PM milanesi su cui il CSM delibererà in settimana.

            Al cittadino che viene quotidianamente bombardato da informazioni sulla permanente   rissosità che da vari decenni caratterizza il pianeta giustizia, la vicenda può apparire come una delle solite, insulse liti di cortile tra avvocati, magistrati, Ministero della giustizia, CSM.  Non è così perché in questo caso sono in gioco valori fondamentali in democrazia: cioè il diritto del cittadino  a non essere sottoposto a prolungate indagini senza neppure sapere che su di lui si sta indagando, e quindi anche senza avere la possibilità di difendersi con immediata efficacia  Dopo molti anni può anche aver perso la circostanziata memoria dei fatti che gli vengono addebitati, aver perso documenti a discolpa, ecc.  Proprio per tutelare il cittadino contro questa inaccettabile e traumatica evenienza la legge prevede che le indagini non possano durare più di sei mesi salvo che il giudice, per i reati particolarmente gravi, non ne autorizzi espressamente la prosecuzione fino ad un massimo di due anni.

            Ovviamente io non conosco il contenuto del fascicolo i cui segreti sono tenacemente custoditi dai dott. Colombo e Boccassini e non posso quindi affermare che essi, in violazione della legge e dei diritti del cittadino, svolgano da otto anni, senza risultati utili, indagini su persone note  pretendendo formalmente di svolgere indagini su reati commessi da ignoti.  Il sospetto che ciò possa essere vero è tuttavia  pienamente legittimo e giustificato.  Vediamo perché.

            Nel 1995 e nel 2000 sono state condotte, e poi pubblicate, due diverse indagini  sui diritti di difesa dei cittadini, intervistando ogni volta un campione di 1000 avvocati penalisti. Una schiacciante maggioranza di essi ha indicato vari espedienti con cui i pubblici ministeri prolungano illegittimamente le indagini, al di fuori di qualsiasi controllo.  Tra i vari espedienti segnalati anche quello di iscrivere come ignoti procedimenti che invece riguardano cittadini i cui nomi sono noti. Nel 1995 il 67% dei 1000 avvocati intervistati denunziava il verificarsi di questo preoccupante fenomeno, nel 2000 il 63,5%. E’ possibile che tanti avvocati, cioè 1.350 su 2000 dicano spudoratamente il falso?  Non è credibile. A riguardo, peraltro, esiste una autorevole testimonianza del più noto dei PM milanesi di “mani pulite”, cioè Antonio Di Pietro.  Nel settembre 1997, quando si era già dimesso dalla magistratura, tenne una serie di seminari a pagamento per trenta avvocati in quel di Sansepolcro. Anche una giornalista, Sabrina Cottone, pagò la quota di iscrizione e ascoltò le lezioni impartite da Di Pietro prendendo copiosi appunti.  Nel corso dei seminari Di Pietro scoprì che era una intrusa e trovò il modo di comunicarle che aveva già “rifilato” 307 denunzie nei confronti di giornalisti che avevano scritto cose non vere su di lui.  Il successivo 21 settembre Sabrina Cottone scrisse, comunque, un articolo su questo stesso quotidiano dal significativo titolo “Di Pietro svela i trucchi da Pm: a Milano facevo certi giochini…”.  Tra i vari “giochini” di cui rivelò la natura vi era anche quello -neppure il più grave- di iscrivere nel registro degli ignoti indagini che invece riguardavano personaggi noti, proprio al fine di prolungare le indagini oltre i termini previsti dalla legge (per gli altri “giochini” vale la pena di rileggere quell’articolo).  Di Pietro non ha mai personalmente smentito quanto detto dalla giornalista, e non l’ha denunziata per aver detto il falso (vi erano allora, come potenziali testimoni, i trenta avvocati che avevano partecipato ai seminari ed avevano la memoria fresca).   Le rivelazioni della giornalista fecero allora scalpore e molti espressero la loro riprovazione (tra questi l’On. Pisapia e l’ex presidente della Corte Costituzionale Gallo).   L’allora Ministro della giustizia Flick manifestò l’intenzione di inviare i suoi ispettori alla Procura di Milano.  Non mi risulta che l’abbia poi fatto. Meglio non avere grane coi PM di Milano.

            Nei giorni scorsi molte sono le voci che hanno espresso sdegno per i dubbi avanzati sulla correttezza dei comportamenti dei pubblici ministeri di Milano nella gestione dei procedimenti contro ignoti.   Lo stesso CSM è stato investito del compito di condannare l’ispezione ministeriale, pur non avendo alcuna competenza in materia.  A me sembra che i dati di fatto dianzi riferiti legittimino appieno quei dubbi.   E’ stato più volte detto che i dubbi sulla correttezza di chi svolge funzioni pubbliche sono il sale della democrazia.  Mon si capisce perché solo per i PM tale regola non debba valere.  E’ invece proprio nell’interesse della giustizia  che quei dubbi vengano fugati con la massima trasparenza e tempestività.    

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