Il processo SME, Cossiga e la Bocassini
Libero, 29 novembre 2003
Su La Repubblica è apparso un breve articolo dal titolo “I diritti dei PM”. Ne è l’autore il Presidente emerito della Repubblica, e mio caro amico, Francesco Cossiga. Le sue idee in materia di giustizia sono sempre state da me condivise. Non condivido però quanto da lui scritto in quest’ultimo articolo. Vediamo di che si tratta.
In una intervista pubblicata da La Repubblica, il pm di Milano Ilda Boccassini ha espresso giudizi alquanto pesanti sulle iniziative legislative del Governo e del Parlamento che, declassando reati e alterando procedure, avrebbero interferito idebitamente sull’andamento del processo IMI-SME. Lamenta, inoltre, che attualmente sarebbero proprio i “corruttori a fare le leggi per riformare la magistratura”. Il Presidente Cossiga ritiene che il pm Boccassini abbia tutto il diritto di esprimere quei giudizi perché, a differenza dei giudici, i pm non sono un organo imparziale. Al pari dell’avvocato difensore sono, a suo avviso, solo una delle parti del processo. Quindi al pari dell’avvocato possono esprimere liberamente i loro convincimenti e valutazioni di ogni tipo sull’andamento dei processi che li hanno visti protagonisti.
Sono sicuro che la dott. Boccassini è ben lontana dal condividere la rappresentazione data dal Presidente Cossiga del ruolo del pm come semplice parte processuale, che di regola persegue legittimamente l’obiettivo di ottenere la condanna degli imputati contrapponendosi all’avvocato difensore che, invece, cerca di ottenere la loro assoluzione. La stragrande maggioranza dei magistrati italiani, invece, vuole ancora rappresentare il ruolo del pm come “parte imparziale”, impegnata a trovare anche le prove a favore degli imputati e legata al giudice da una fantomatica “comune cultura della giurisdizione”. Alcuni di loro sostengono queste cose strumentalmente, per interesse corporativo, altri, a dispetto dei fatti, ci credono davvero.
Per ragioni ben diverse neppure io condivido la rappresentazione che il Presidente Cossiga fa del nostro pm equiparando il suo ruolo a quello dei pm dei Paesi di tradizione giuridica anglosassone. Non solo e non tanto perché, a differenza di quei Paesi, da noi giudici e pm appartengono allo stesso corpo e possono trasferirsi da una funzione all’altra, ma anche perché da noi i pm non sono in alcun modo responsabili delle indagini che compiono e delle iniziative penali che promuovono. Nei paesi anglosassoni, infatti, sia gli avvocati che i pubblici ministeri vengono valutati professionalmente per i successi processuali che ottengono in termini di assoluzioni e condanne. Da noi questo vale solo per gli avvocati. I nostri pm, come più volte avvenuto, possono anche ripetutamente iniziare e condurre indagini costosissime, promuovere iniziative penali che anni dopo si dimostrano infondate a livello processuale senza che questo influisca minimamente sulla loro cariera. Non così nei paesi con un vero processo accusatorio di tradizione giuridica anglosassone. In quei paesi i pm che con le loro iniziative ricorrentemente danneggiano l’onorabilità di cittadini che poi risultano innocenti e sprecano le risorse che lo Stato mette a loro disposizione vengono considerati professionalmente incapaci e spesso licenziati. Da noi, invece, vengono regolarmente promossi.
Sarei tentato di sottolineare altri aspetti del ruolo del nostro pm che mal si conciliano con la rappresentazione che ne ha dato il Presidente Cossiga nel suo articolo. Non voglio però lasciarlo solo nell’appoggiare la dott. Boccassini per quanto da lei detto nella sua intervista a La Repubblica. Il mio convinto appoggio va però ad una parte dell’intervista diversa da quella considerata dal Presidente Cossiga. La parte cioè in cui Lei esprime la sua preoccupazione per il fatto che magistrati professionalmente inadeguati o incapaci ottengono comunque valutazioni altamente positive dai Consigli giudiziari e dal CSM. Non è certo un fenomeno recente: da quasi 40 anni infatti tutti i nostri magistrati percorrono l’intera carriera senza effettivi vagli di professionalità. Condivido pertanto anche il suo auspicio che dovrebbe essere la stessa magistratura a riflettere su quelle carenze “e magari fare scelte coraggiose e forse impopolari”.
Una postilla. Man mano che scrivevo sulle ragioni del mio disaccordo con il Presidente Cossiga mi sono accorto che stavo dicendo cose che lui sa benissimo e delle quali abbiamo più volte parlato senza mai dissentire. Mi sono pertanto venuto convincendo che il suo articolo è più volto ad ironizzare sull’ambiguo ruolo del pm nel nostro Paese che a sostenere la piena legittimità del comportamento della dott. Boccassini nell’esprimere pesanti critiche a Governo e Parlamento.