Pasticcio istituzionale
Il Giornale, 4 marzo 2005
La scorsa settimana si è di fatto introdotta una rilevante modifica nel nostro assetto costituzionale: il CSM è divenuto a pieno titolo organo di consulenza del Parlamento. Ha infatti espresso di sua propria iniziativa un parere su una proposta di legge, attualmente in discussione al Senato, che modifica i termini di prescrizione dei reati. L’aspirazione del CSM a divenire organo ausiliario del Parlamento è di lunga data. Manifestò per la prima volta questo suo desiderio nel 1968. Giuseppe Saragat, allora Presidente della Repubblica, d’intesa coi presidenti dei due rami del Parlamento, lo impedì considerando quella pretesa non compatibile con il nostro assetto costituzionale. L’attuale Presidente della Repubblica lo ha invece consentito.
Non conosciamo le motivazioni di ordine costituzionale che hanno portato il Presidente Ciampi ad assumere un orientamento radicalmente opposto a quello del suo illustre predecessore. Nel valutare quanto accaduto dobbiamo pertanto limitarci a richiamare le motivazioni a suo tempo addotte dal Presidente Saragat. In quell’occasione egli non si limitò a ricordare che l’attività di consulenza al Parlamento da parte del CSM non era prevista né dalla Costituzione né dalla legge. Volle anche esplicitare le ragioni che rendevano quell’attività estranea al nostro assetto costituzionale e gravida di conseguenze sul piano dei rapporti tra le istituzioni.
Sottolineò, infatti, che l’attività di consulenza autonomamente offerta al Parlamento sulle proposte di legge in discussione avrebbe portato il CSM ad assumere un ruolo politico di parte senza portarne alcuna responsabilità, a schierarsi cioè a sostegno delle posizioni sostenute in Parlamento da alcuni partiti politici e contro quelle sostenute da altri. Sottolineò inoltre che laddove si consentisse al CSM di assumersi la responsabilità politica di intervenire autonomamente con suoi pareri nel dibattito parlamentare su processi legislativi in corso, non solo ne soffrirebbe l’immagine di indipendenza del CSM ma si verrebbe ad offuscare lo stesso ruolo super partes che è proprio del Presidente della Repubblica anche nell’esercizio dei suoi compiti di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura.
Entrambe le conseguenze che Saragat considerava istituzionalmente dannose si sono ora puntualmente verificate. Il parere fortemente negativo espresso dalla maggioranza del CSM sulla proposta di legge in materia di prescrizioni sostenuta dai partiti della Casa delle libertà e, per giunta, già approvata da uno dei rami del Parlamento, è stata, infatti, utilizzato dai partiti del centrosinistra come la prova provata delle ragioni della loro opposizione politica alla legge in questione. Di contro i partiti della maggioranza ed il Ministro della giustizia accusano il CSM di ingerenza nel processo legislativo e di aver formulato un parere di chiara matrice politica a sostegno delle posizioni del centrosinistra (il parere ha ricevuto il voto favorevole solo dei due terzi dei componenti del CSM, e cioè quelli dell’On. Berlinguer e dei rappresentanti delle quattro correnti del sindacato della magistratura). Il Vice Presidente del CSM On. Rognoni ha risposto al Ministro della giustizia che il CSM non si farà intimorire e che seguiterà anche in futuro ad offrire, ogniqualvolta lo vorrà, la sua consulenza al Parlamento in nome di una fantomatica “leale collaborazione”. Si è così di fatto verificato quel chiaro coinvolgimento del CSM nell’agone politico e quella confusione nei ruoli istituzionali che Saragat aveva voluto evitare. Altrettanto puntuali le sue previsioni sulle conseguenze che l’autonoma formulazione di pareri al Parlamento da parte del CSM avrebbe potuto avere avuto sull’immagine super partes del Presidente della Repubblica. Ciò in quanto riteneva che i pareri espressi da un organo presieduto dal capo dello Stato non potessero non coinvolgerlo personalmente. Basta leggere i commenti dei principali giornali per convincersi dell’esattezza della sua previsione: si vedano, ad esempio, gli articoli del 24 febbraio scorso sul Corriere della Sera e La Stampa a firma, rispettivamente, di Marzio Breda e Paolo Passarini, nonché l’articolo di Giannini su La Repubblica dal titolo “Ciampi e CSM, no al salva Previti” (così viene chiamata dall’opposizione la proposta di legge sulle prescrizioni). Si arriva persino a ritenere che il coinvolgimento del Quirinale nel parere espresso dal CSM sia tale da far prevedere che il Presidente Ciampi rinvierà la legge di modifica delle prescrizioni alle Camere nel caso essa sia approvata nella sua attuale formulazione. Non dico che quei giornalisti, ed gli altri che hanno condiviso le loro opinioni, abbiano correttamente interpretato la volontà del Presidente. Non si può neppure dire, però, che quanto da loro detto non abbia una plausibile giustificazione visto che, come riteneva Saragat, il consenso del Presidente alle delibere del CSM può legittimamente apparire tale anche a prescindere dalla sua volontà. Ciò non solo perché l’organo che ha espresso il parere è da lui presieduto, ma anche perchè egli ha la responsabilità di approvare l’ordine dei lavori del CSM e riceve preventivamente i testi dei documenti che vengono sottoposti all’approvazione del Consiglio. Molte le implicazioni di ordine istituzionale di quanto successo. Per rendersene conto basta porsi alcune domande. Se la stessa maggioranza che ha approvato quella proposta di legge alla Camera la cambierà, in tutto o in parte, secondo le indicazioni contenute nel parere del CSM, lo farà perché vede in quel parere un monito dello stesso Presidente della Repubblica nella veste di presidente del CSM? Lo farà, quindi, solo per evitare un successivo rinvio della legge al Parlamento da parte del Presidente della Repubblica? Se la maggioranza non terrà conto del parere del CSM ed approverà la legge nella sua attuale formulazione come si dovrà valutare un eventuale successivo rinvio alle Camere della legge stessa da parte del Presidente della Repubblica, soprattutto se dovesse utilizzare in tutto o in parte le motivazioni contenute nel parere del CSM che lui presiede? Riconoscendo al CSM l’autonomo potere di inviare pareri al Parlamento su testi di legge ancora in discussione non si viene con ciò stesso ad affermare che al Presidente della Repubblica si riconosce il potere di intervenite due volte sullo stesso testo legislativo, una volta, prima dell’approvazione, come componente del CSM, ed una seconda volta, dopo l’approvazione, come Capo dello Stato?
Aggiungo tre postille.
La prima. In questo articolo non ho inteso esprimere alcuna valutazione, né positiva né negativa, sulla proposta di legge in materia di prescrizioni. Mi sono voluto occupare di una questione che da essa prescinde e che è a mio avviso ben più importante, quella del corretto rapporto tra le massime istituzioni dello Stato.
La seconda. Sulla inammissibilità di rapporti diretti tra CSM e Parlamento si sono espressi non solo il Presidente Saragat ed i presidenti dei due rami del Parlamento dell’epoca, ma anche il Senato in una sua delibera del 29 gennaio 1969, delibera nella quale si afferma che le eventuali relazioni del CSM sullo stato della giustizia possono pervenire al Parlamento solo per il tramite del Ministro della giustizia.
La terza. Il Vice Presidente del CSM, On. Rognoni, ritiene che il CSM abbia un autonomo potere di fornire pareri al Parlamento in base al principio della “leale collaborazione”. Non capisco bene di cosa si tratti, ma se dovessi dare una interpretazione a quella vaga espressione sulla base di quanto sinora avvenuto nel corso dei lavori di questo CSM direi che sinora la “leale collaborazione” vi è certamente stata nei confronti delle forze di opposizione al Governo.