Il CSM dei falsi maschilisti
Il Giornale, 29 marzo 2005
Giovedì scorso la maggioranza del CSM ha bocciato un progetto di ricerca che riguardava la presenza delle donne in magistratura in vari paesi, anche extracomunitari (come la Turchia). Una ricerca con cui si voleva dare seguito ad un’altra sul medesimo argomento condotta l’anno scorso dallo stesso CSM. Coloro che hanno votato contro (me compreso) sono stati rappresentati da alcuni giornali ad ampia diffusione come affetti da pregiudizi nei confronti delle donne. E’ una rappresentazione assolutamente falsa. Le ragioni della bocciatura nulla hanno a che fare con una supposta contrarietà a promuovere la piena e paritaria presenza delle donne a tutti i livelli della giurisdizione ed in tutte le funzioni direttive.
Molte cose si possono rimproverare al CSM ma certo non quella di aver assunto decisioni di natura discriminatoria nei confronti delle donne. Gli riuscirebbe difficile anche se lo volesse, visto che ormai da oltre 35 anni tutti i magistrati, uomini e donne, vengono promossi automaticamente fino ai vertici della carriera in base all’anzianità di servizio. Di fatto la ricerca è stata bocciata perchè non era in alcun modo collegabile ai compiti istituzionali del CSM né in alcun modo funzionale o anche minimamente rilevante per le decisioni che il CSM deve assumere con riferimento alle donne magistrato. Ciò è di per sé motivo sufficiente per impedire al CSM di investire risorse umane e materiali in quel tipo di ricerche transnazionali. Quelle risorse potrebbero, invece, essere molto meglio investite dal CSM per effettuare analisi che sarebbero necessarie al suo efficiente (o meno inefficiente) funzionamento.
Come noto, il Presidente della Repubblica ha di recente scritto al CSM per denunziare le gravi disfunzioni derivanti dai pesanti ritardi con cui il CSM stesso provvede alla copertura dei posti direttivi ed ai trasferimenti. Non si tratta dei soli ritardi. Questi si verificano in forma grave, ed altrettanto disfunzionale, in quasi tutte le attività del CSM: nell’approvazione dei piani biennali di organizzazione degli uffici giudiziari i ritardi sono cronici e varie volte è anche è capitato che l’approvazione sia avvenuta addirittura dopo che il biennio era già scaduto; nei trasferimenti d’ufficio dei magistrati che col loro comportamento hanno compromesso a livello locale l’immagine della giustizia o compromesso la sua funzionalità si giunge spesso a decidere dopo un anno, due anni, ed anche più (spesso quando le cause delle disfunzioni si sono incancrenite o sono già state superate); nelle autorizzazioni ai magistrati per lo svolgimento dei moltissimi incarichi di insegnamento, che essi stessi si procurano, le autorizzazioni vengono quasi sempre date con molto ritardo nonostante sia formalmente, ma non di fatto, vietato ai magistrati di svolgere incarichi extragiudiziari senza la preventiva autorizzazione del CSM (ad esempio, nel periodo tra settembre 2002 ed luglio 2003 sono stati deliberati 653 incarichi di insegnamento superiori a 9 ore: nel 56% dei casi con notevole ritardo, nel 15% dei casi addirittura ad incarico già espletato); nella riammissione in servizio dei magistrati che sono stati componenti del CSM o di quelli che rientrano dopo il mandato parlamentare il Consiglio decide con molti mesi di ritardo, ma nel frattempo quei magistrati ricevono comunque la loro retribuzione come fossero in servizio (in altre parole godono di un prolungato periodo di vacanze a spese dello Stato).
Elencare tutti i ritardi con cui il CSM opera ed illustrare le conseguenze disfunzionali, organizzative e finanziarie che da essi derivano sarebbe qui impossibile. Gli esempi sommariamente forniti sono però sufficienti a domandarsi: perché invece di voler impegnare le risorse umane e materiali del CSM in attività di ricerca non collegabili a sue esigenze funzionali –come la ricerca comparata sulle donne magistrato- non si effettuano, invece, sistematiche ricerche sulle cause dei ritardi nello svolgimento delle sue attività istituzionali? Di ricerche, cioè, volte ad individuare procedimenti e strumenti atti ad eliminare i ritardi o quantomeno a ridurli? Di fatto la contrarietà a svolgere questo tipo di ricerche deriva dalla certezza che esse finirebbero fatalmente per evidenziare che le cause dei ritardi derivano dal farraginoso sistema di autogoverno della magistratura che si è venuto sviluppando e vieppiù complicando col passare del tempo. Un sistema di autogoverno che opera, oltre che al livello del CSM, anche all’interno di tutti gli uffici giudiziari e nei consigli giudiziari dei 26 distretti con una fitta rete di interrelazioni tra i vari livelli. Toccare il complesso di quelle farraginose, complicate e capillari procedure decisionali non solo evidenzierebbe la necessità di rivedere il rapporto tra le attuali modalità di esercizio dell’autogoverno e le esigenze di funzionalità dell’apparato giudiziario ma verrebbe anche a pregiudicare la sopravvivenza proprio di quei meccanismi di cui si nutre il proselitismo ed il potere clientelare delle varie correnti del sindacato della magistratura, cioè di quei meccanismi di autogoverno che quelle correnti quotidianamente gestiscono, spesso in conflitto tra loro, a tutti i livelli.
Due postille
La prima. Molti anni fa ho condotto la prima ricerca sulla presenza delle donne in magistratura, ricerca nella quale ho anche evidenziato quanto fossero ridicole le motivazioni di coloro che fino al 1963 erano riusciti ad impedire il loro ingresso nel corpo giudiziario. E’ quindi del tutto pretestuoso che ora la stampa mi presenti come “contrario ad agevolare le donne magistrato”.
La seconda postilla. In questo articolo mi sono astenuto dall’esprimere valutazioni sulla qualità della ricerca comparata sulle donne magistrato già svolta dal CSM l’anno scorso. Ha comunque ottenuto un grande successo ed una notevole risonanza sul piano mediatico.